Croce Rossa Italiana - Comitato di Arezzo

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La Mente in Fiore

Pubblicato il: 10/10/2021

In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, i Giovani del Comitato di Arezzo della Croce Rossa Italiana hanno ideato l’iniziativa La Mente in Fiore, un ciclo di interviste ad esperti psicologi e psichiatri per approfondire insieme le diverse sfumature della nostra psiche e dei benefici che la psicoterapia può portarle. Oggi più che mai, infatti, vogliamo ricordare che la salute mentale è come un fiore, deve essere curata e coltivata giorno dopo giorno.

 

Negli ultimi due anni si è parlato quotidianamente degli effetti devastanti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul sistema sanitario, economico e educativo del nostro paese, ma è importante anche mettere in luce le conseguenze che ha subito il nostro benessere mentale e psichico. Ne abbiamo discusso con il dottor Michele Travi, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Psichiatria della provincia di Arezzo.

 

Dottor Travi, durante il periodo della pandemia sono aumentate le richieste di aiuto e sostegno psicologico?

“Nella prima fase di lockdown le persone erano solamente molto spaventate, ma successivamente sono arrivate sempre più richieste e in varie forme, sia telefonica sia di persona al Centro di Salute Mentale. Queste richieste vertevano su aspetti di tipo ansioso e depressivo, dati dall’ansia, dalla preoccupazione, dalla paura – certamente ragionevole – del virus”.

 

Quali progetti sono stati avviati per rispondere a queste necessità considerando anche il contesto pandemico?

“Il programma del nostro centro prevedeva già visite domiciliari per pazienti molto gravi; perciò, abbiamo fatto tutto il possibile per mantenere uno stretto contatto con loro, mentre per i pazienti di gravità inferiore è stata attivata, secondo delle precise linee guida fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, una modalità in videochiamata per richieste sia di supporto sia di psicoterapia. Anche successivamente abbiamo deciso di mantenere queste “video-psicoterapie” perché un numero elevato di pazienti ha chiesto di proseguirle”.

 

I pazienti sono riusciti a riconoscere questa come una “nuova normalità” e ad adattarvisi?

“Purtroppo no, non ci si può adattare a questa situazione come nuova normalità, si possono però dare delle risposte: quando ci siamo trovati di fronte un gran numero di pazienti preoccupati – come preoccupati eravamo però tutti in una situazione del genere – abbiamo dovuto capire se la normale preoccupazione stava diventando qualcosa di più, sfociando in problematiche di tipo ansioso o di tipo depressivo. La patologia più frequente nel periodo del Covid è stato il disturbo da stress post-traumatico, i cui numeri si sono quintuplicati dal periodo pre-pandemico, ma si sono manifestati anche disturbi d’ansia, episodi di rabbia o grave sconforto depressivo. Soprattutto nei pazienti che soffrivano di attacchi di ansia, si è lavorato sulla resilienza, una parola che abbiamo sentito molto durante la pandemia, per aiutare il paziente ad ottenere risposte che possono tenerlo più tranquillo, muovendosi secondo idee e programmi che non lo facciano sentire perso”.

 

Secondo lei, ci sarà un miglioramento o le conseguenze degli eventi di questi anni saranno irreversibili?

“Io vedo la luce in fondo al tunnel e devo dire che le risposte che ho osservato da parte di professionisti ed istituzioni sono state eccellenti, ma anche da parte della popolazione stessa che ha seguito le indicazioni di non recarsi ad intasare i Pronto Soccorso, ma di chiedere aiuto a noi e noi abbiamo detto: Se non puoi venire da noi, veniamo noi da te.”

 

(Intervista a cura di Martina Benigni e Martina Lambiase, Giovani di Croce Rossa – Comitato di Arezzo. Testo a cura di Emma Ghinassi, Ufficio Stampa Croce Rossa Italiana – Comitato di Arezzo)

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